Parco nazionale dello Stelvio: no allo smembramento della governance

Legambiente chiede al ministro Prestigiacomo di fermare lo scempio

In una trattativa condotta a porte chiuse, il “Comitato dei dodici” – l’organo paritetico di governo e province autonome di Trento e Bolzano riunitosi per l’occasione dopo anni di assenza – ha firmato, due giorni fa un decreto che prevede che il Consorzio del Parco dello Stelvio venga soppresso entro 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento stesso.

Viene meno, così, l’unitarietà della gestione del più grande parco nazionale delle Alpi italiane, che sarà sostituita da un generico comitato di coordinamento con mere funzioni di indirizzo, mentre ogni provincia sarà libera di approvare proprie norme di tutela attraverso leggi provinciali. La stessa legge quadro sulle aree protette (394/91) verrà, quindi, disapplicata.

Il Parco si trasformerebbe in un patchwork di aree amministrate e normate in modo assolutamente indipendente. Si potrà, per esempio, decidere di andarci a caccia o di realizzare impianti di risalita sui ghiacciai o strade in mezzo alle foreste. Le Province autonome potranno anche modificare i confini del parco, fatto salvo un parere non vincolante da richiedere al ministro dell’Ambiente.

 

“Un atto gravissimo, che crea un pericoloso precedente per la conservazione della natura in Italia” secondo Vittorio Cogliati  Dezza, presidente nazionale di Legambiente. “Il fatto che una norma del genere sia stata approvata a porte chiuse – dice Cogliati Dezza – senza alcun coinvolgimento di assemblee elettive e addirittura senza condivisione con la regione confinante, la Lombardia, rappresenta un atto d’arbitrio che scardina i principi democratici ma anche le basilari regole di convivenza tra autonomie speciali e regioni a statuto ordinario. Approvandolo, il  Consiglio dei Ministri si assumerebbe una gravissima responsabilità per  la natura protetta del nostro Paese, ma anche per l’equilibrio e la  coesione nel rapporto tra comunità regionali. Faremo di tutto per impedire che un simile patto scellerato assuma valore di legge e ci appelliamo al ministro Prestigiacomo”.

Per la Regione Lombardia, che ospita oltre metà della superficie del parco, ma è rimasta tagliata fuori dalla trattativa, ci sarà un premio di  consolazione (peraltro già previsto da un precedente accordo, a cui il  Decreto non aggiunge nulla). Sono i soldi relativi alle compensazioni per i territori confinanti con le due opulente province autonome, “una sorta di ‘elemosina istituzionale’ che di certo farà gola  alle casse prosciugate di comuni montani in condizioni di ristrettezza  economica – commenta Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia -, i classici trenta denari con cui riscattare il peso della umiliante differenza con le province autonome”.

“In questi giorni – prosegue Di Simine – abbiamo inviato continue sollecitazioni al presidente della Regione per capire se volesse assumere un ruolo di garanzia istituzionale in questa umiliante vicenda, ma  fino a ora registriamo solo un assordante silenzio. La Lombardia ha gravi colpe, essendo stata protagonista di molti episodi che hanno offuscato l’autorevolezza dell’Ente Parco e affossato le sue politiche di conservazione: dai Mondiali di Sci del 2005 agli ostacoli frapposti all’approvazione del Piano del Parco. Di sicuro, la Regione è stata una palla al piede dell’area protetta, giustificando spesso l’irritazione delle province confinanti. Ciò non giustifica, però, il suo completo disinteresse nei confronti delle sorti del Parco”.

Sulla vicenda sono state presentate interrogazioni parlamentari da parte sia di parlamentari nazionali (i senatori Ferrante e Della Seta, del Partito Democratico) sia di consiglieri regionali della Lombardia, sempre dalle fila dell’opposizione.