Salvare i Guardiaparco

La Provincia di Trento propone di accorpare il personale in servizio come Guardiaparco nel Corpo Forestale provinciale. Legambiente è fermanente contraria. I Guardiaparco devono restare dipendenti degli Enti Parco: solo questo ne assicura la dedizione alla effettiva sorveglianza attiva del territorio delle preziose aree protette. Mercoledì 17 marzo Legambiente ha reso pubblico un documento in merito insieme a Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness e WWF.

Trento 17 marzo 2010

Italia Nostra  Legambiente LIPU Mountain Wilderness WWF

CONFERENZA STAMPA


IPOTESI DI ACCORPAMENTO AL CORPO FORESTALE PROVINCIALE DELLE FUNZIONI DI VIGILANZA DEL PERSONALE GUARDIAPARCO DIPENDENTE DEI PARCHI NATURALI PROVINCIALI

 

La Provincia Autonoma di Trento sta cercando una razionalizzazione delle figure che sul territorio, in varie forme, si occupano della vigilanza ambientale.

Dopo l’accorpamento nel Corpo Forestale Provinciale di figure professionali quali le ex guardie ittico-venatorie ed i sorveglianti idraulici sembra ora sia la volta del personale Guardiaparco dislocato presso gli Enti Parco.

In assenza di un preciso documento programmatorio trasparente è difficile comprendere i percorsi della amministrazione provinciale: una volontà emerge certa, la trasformazione di tale personale in una figura definita “tecnica”, dai contorni però non espliciti e svilita nel ruolo della vigilanza.

L’istituzione dei Parchi Naturali Provinciali nasce dalla proposta di personalità trentine di alto profilo culturale fin dagli anni ‘30 e ha trovato concretezza nel primo Piano Urbanistico Provinciale del 1967 strutturato da Bruno Kessler. Sono poi divenuti realtà grazie all’energia e alla passione dell’allora vicepresidente Walter Micheli che ha coniugato in una difficile sintesi politica i doveri della conservazione dei beni naturali e paesaggistici con le esigenze del vivere e del progresso delle nostre comunità locali (legge 18 – 1988).

Proprio in quel periodo di maturazione delle realtà a parco l’associazionismo ambientalista trentino ha voluto, difeso e implementato la figura dei guardaparco. Questa figura professionale è divenuta oggi un binomio inscindibile con la stessa presenza dei parchi trentini. Riprendendo un documento dei guardaparco anche a noi sembra una leggerezza non percepire quanto questo binomio porti beneficio agli stessi Enti Parco, che possono così avvalersi direttamente di professionalità specificatamente formate nel tempo e fortemente motivate, nell’ottica di una gestione delle aree protette, che debbono essere amministrate e quindi intese come diverse dal resto del territorio e debbono essere nel contempo valutate in maniera differente anche ai fini gestionali e del controllo.

L’intenzione di svilire questa figura professionale all’interno di sole funzioni tecniche o formative, e di accorparne diverse entità nel Corpo Forestale Provinciale a nostro avviso demolisce la struttura stessa di un parco vero.

Non è infatti vero che questi guardaparco, una volta assorbiti nelle Stazioni Forestali, avrebbero identica incidenza nella vigilanza e nel rispetto delle normative di un parco.

Ad oggi le Stazioni Forestali vengono ridimensionate negli organici, non riescono più ad assolvere il loro compito prioritario della vigilanza, e si troverebbero quindi costrette ad impiegare questo nuovo personale nella copertura di servizi oltremodo diversi.

I Parchi infatti da sempre si avvalgono del loro personale di vigilanza per la gestione ed il controllo delle attività legate all’applicazione delle norme del Piano di Parco, nei confronti delle quali si sottolinea nuovamente il necessario coinvolgimento e le necessarie motivazioni dei singoli, precondizioni imprescindibili per una proficua interpretazione di tale ruolo, che fino ad ora ha visto solo raramente l’intervento degli organi di polizia provinciale, formati ed indirizzati verso altre tipologie e priorità di controllo.

Accreditare ad un’unica entità il controllo ambientale di tutto il territorio provinciale non garantisce una migliore qualità del servizio. Per usare in questo contesto un termine caro ai naturalisti, vien da dire che la biodiversità tanto auspicata in natura potrebbe -in quanto apportatrice di stabilità e ricchezza – applicarsi anche alla vigilanza provinciale come garanzia di una più completa visione della tutela ambientale.

Le associazioni ritengono, e ovunque avviene nelle Alpi, i parchi come luoghi di sperimentazione, e innovazione nella tutela e nello sviluppo equilibrato di un territorio. Costruiscono ricerca, diffondono conoscenza, sono dei laboratori di nuovi lavori, di nuove opportunità, di ricerca di sinergie fra soggetti diversi che non hanno esempi sui territori esterni. A meno che questa operazione non nasconda un altro obiettivo. Fare in modo che i Parchi abbandonino il loro ruolo primario di tutela del territorio per divenire dei soggetti investiti solamente di compiti promozionali (peraltro condivisibili, ma solo entro certi termini e limiti) con l’unico scopo di attrarre e fare turismo, di commercializzare pacchetti, di vendere immagini accattivanti, di appiccicare un logo su di una brochure, parchi cartoline.

Indebolendo la figura del guardaparco, togliendo la primaria funzione della vigilanza e riducendolo drasticamente nel numero, il parco viene svuotato di una sua componente essenziale, defraudato di una sua autonomia di azione e di ricerca, amputato, nel verso senso del termine, del diritto e della indipendenza della vigilanza di un territorio particolarmente sensibile.

Ogni cittadino dotato di buon senso si chiederebbe poi cosa ci faccia in giro per un parco un agente, che certo porta la divisa, ma è monco della qualifica di Agente di Polizia Giudiziaria. Un semplice educatore, un francescano che prova a convincere chi non rispetta le regole? Oppure, in situazioni di emergenza, fatti di bracconaggio o abusi edilizi, viene costretto a chiamare organi esterni perché la sua figura è stata per scelta politica ricondotta a quella di una semplice testimonianza.

Le associazioni ritengono che le professionalità sulle quali si è investito in questi vent’anni vadano mantenute, anzi, implementate. I guardaparco dei nostri parchi provinciali sono una risorsa che costruisce sinergie di azione e garantisce specializzazione di intervento anche al Corpo Forestale provinciale. I guardaparco hanno bisogno di maggiore autonomia nelle loro decisioni e anche in una certa autogestione del loro servizio, una autonomia vera svincolata da ogni opportunismo politico.

Nelle varie aree protette italiane in cui operano dei Guardaparco, gli stessi hanno primariamente competenze inerenti alla vigilanza. Rimane un punto fermo: l’adeguato spazio riservato allo svolgimento di altre attività che da sempre sono parte integrante del ruolo (es.: monitoraggi faunistico-vegetazionali; accompagnamenti; attività didattico-divulgative; affiancamento ai progetti di ricerca scientifica; supporto agli uffici tecnico-ambientali), che però non possono essere le uniche e nemmeno avere la prevalenza sull’attività di vigilanza e controllo del territorio.

La scelta della Provincia, qualora resa operativa, comporterebbe queste conseguenze:

  • Il venire meno (con l’accorpamento delle funzioni di vigilanza ambientale in un unico organismo di controllo) di un reale decentramento istituzionale e di attività di controllo ambientale, mirato e calibrato sul territorio. Meglio cioè mantenere il più alto livello di professionalità e specializzazioni possibili, con figure ad hoc già operanti sul territorio nell’ambito della vigilanza ambientale;

  • Una perdita di importanti servizi svolti a livello locale e della vicinanza delle istituzioni alle popolazioni residenti;

  • Una caduta occupazionale nelle periferie vista la politica provinciale di continuo ridimensionamento della presenza capillare sul territorio.

Le associazioni ritengono doveroso sottolineare:

  • La diversità delle aree protette rispetto al resto del territorio (esse dovrebbero costituire la punta di diamante nell’ambito delle politiche di tutela ambientale) e quindi necessita per esse una certa diversità ed autonomia gestionale, questo anche sul piano del controllo attraverso l’utilizzo di personale specificatamente formato e motivato in merito alla tutela ambientale e alla relativa vigilanza in area Parco;

  • La difesa di una competenza fondamentale per l’autonomia dei Parchi, cioè quella che riguarda l’esercizio diretto delle funzioni di vigilanza ambientale sul proprio territorio e la garanzia di poter fare rispettare le norme specifiche del Piano di Parco, servendosi di personale a ciò prettamente preposto e alle dirette dipendenze degli stessi Enti Parco (i guardaparco); ovviamente attraverso il mantenimento per essi delle qualifiche necessarie allo svolgimento di tale attività con la dovuta dignità e responsabilità professionale (cioè le qualifiche di Polizia Giudiziaria);

  • Il rischio di uno scivolamento dei Parchi verso un ruolo sempre più di carattere turistico, di immagine e di promozione, riducendo di fatto quello che invece dovrebbe essere il loro ruolo principale: la tutela ambientale e conservazione della biodiversità.